mercoledì 3 giugno 2015

el hombre en vertical...

ventidue anni, fino all'ottobre prossimo.
casualmente o no, alla seconda finale europea consecutiva.
in un solo anno però è cambiato tutto.
il maggio scorso era ancora un semplice adepto in quella Casablanca da copertina, nella conquista di quella "decima" nella notte di Lisbona.
oggi, a tre giorni dalla finale di Berlino, cova la speranza di matare i suoi rivali del cuore, i blaugrana.
dal Castilla alla Juve, da mister Toril a mister Allegri, passando per Mourinho e Ancelotti.
dalla sub-17 alla nazionale maggiore di Del Bosque.
ieri meteora, oggi rivelazione e certezza, lontano da casa, lontano dalla sua Madrid.
sorridente ma timido, più futboleros che studioso ai tempi della scuola. preferiva il pallone e talvolta la racchetta ai libri. una bocciatura scolastica gli impedì di aggregarsi alla cantera colchonera, allora continuò così a segnare per il suo "Colegio el Prado". caterve di gol e un istinto irrefrenabile, correre veloce verso la porta. solo o accompagnato non ha mai fatto differenza, l'obiettivo per lui è sempre stato far gol. a nulla sono servite le punizioni del suo allenatore dell'epoca, la panchina anche dopo una prodezza in assolo, Alvaro è rimasto così. controlla la palla con uno stop orientato e scatta verso la porta. in spagna definiscono Hombre Vertical colui il quale non scende mai a compromessi, sostiene le sue idee senza piegarsi mai. evitando tesi troppo ardue per l'argomento trattato, mi prendo la licenza poetica di definire il nostro come Hombre en Vertical. elegante, corre spensierato verso l'obiettivo. poco importa se in quel momento sarebbe più giusto fermarsi e non creare quello strappo, quel vuoto che si lascia dietro, di compagni ed avversari. madridista sin da piccolo, sognava Raul, assomigliava a Morientes, spiava Ronaldo, ma non immaginava di dare un dispiacere grosso così al suo ex pubblico, che mai ha avuto modo di apprezzarlo per quello che è oggi, se non da avversario. lui, rispettoso oltremodo per quel colore, non esulta, ma è fiero dentro, per essersi rivelato a tutti. difficile imporsi al Real, per un bomber canterano troppo sorridente ma timido, ed emergere in una squadra di star e davanti ad un pubblico troppo esigente. la sua missione non è finita. forse un giorno tornerà da protagonista a casa per rialzare quella coppa, non da adepto ma da Matador. sabato però, quei tifosi che non più di tardi di tre settimane fa lo fischiavano rabbiosi in quanto sue fresche vittime, tiferanno per lui, contro i rivali storici. Alvaro potrà esultare, consapevole che farebbe felici tutti. quelli che nel maggio scorso festeggiavano la decima dopo un inseguimento durato 12 anni, e quelli che da 12 anni attendono una soddisfazione immensa dopo la delusione nella finale italiana di Manchester. glielo chiederà soprattutto il suo Capitano, per riempire una bacheca straordinaria ma incompleta; gli dirà di correre veloce verso quella porta, promettendogli che stavolta, dopo un golazo, il suo vecchio Mister Josè Ruiz non lo punirà, lo applaudirà!

f.a.

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