venerdì 29 maggio 2015

da Mangiaterra a Rey.



non sapevo che tra i vari soprannomi affibbiatigli ci fosse anche Celia Punk.
in onore della sua cantante preferita, l'icona cubana Celia Cruz. Conosciuta ed apprezzata nel mondo, latino prima ed occidentale poi, per il suo spirito ottimista ed orgoglioso oltre che per il suo ritmo.
ed il Guerriero di cui parlo, incarna quelle peculiarità del suo idolo musicale prendendone anche il lato poliedrico che caratterizzano il personaggio.
ho scoperto che un suo Zio, tale Ricardo, lo chiamava Mangiaterra ogni volta che rientrava a casa, sporco com'era dopo le partite al campetto.
bello saperne di più, apprendere nuove curiosità, ma preferisco optare per un semplice Arturo.
non siamo amici, ma è come se lo fossimo. penso che sarebbe stato il mio compagno di squadra ideale, colui che vorrei sempre con me per portarmi a casa le partite. sono sicuro che perdere non gli piacerebbe nemmeno durante una partita con suo figlio Alonso a "frutti, cantanti, colori e città..."
passerei la partita a spronarlo ed incoraggiarlo, guidandolo come sovente mi capita di fare durante le partite bianconere. come il suo vecchio mister disse, in un'intervista di un maggio fa', anche io lo porterei in guerra. guerra però è una parola forte, ed uno duro ma corretto come lui penso non si troverebbe troppo a proprio agio. è ruvido e roccioso, ma sorride sempre. come potrebbe uno con la sua storia non sorridere durante il gioco ?!
famiglia numerosa e povera, nel quartiere più popolare tra i quartieri popolari di Santiago, genitori separati a cavallo dell'adolescenza, troppi pochi soldi e tanti sacrifici. poi è cambiato tutto, come nelle favole più belle. ma è sua madre Jaqueline a raccontare che il toy di suo figlio, quando non era tra i suoi piedi è perchè lo stava cercando in qualche angolo. ed è apprendendo questo aneddoto che mi accorgo che in fondo la storia non è cambiata.
da quell'11 settembre nella sua prima volta in campo al posto del Capitano. qualche minuto di assestamento prima del suo salto con pugno al cielo sotto la curva.
sono passate 4 stagioni, più di 170 partite, una cinquantina di reti.
ogni anno è cresciuto nei cuori, negli applausi e nei cori. la cresta sempre più delineata, qualche nuovo tatuaggio, poche grane fuori dal rettangolo.
gli articoli giornalistici che lo inquadrano come bad boy ma Arturo, nonostante le apparenze, è sempre come lo ricordano negli anni del Rodelindo, in quel letto di pietre, teatro dei suoi sogni.
io, Arturo, non lo venderei mai, me lo terrei stretto e forte, sopportando anche quelle fasi in cui sembra stanco ed appesantito perchè tanto poi lo so che si porterà le mani alle orecchie, poi con quelle stesse mani disegnerà un cuore, lo mostrerà alto, e l'urlo dei tifosi sarà più forte di prima.
uno come lui i tifosi lo inneggeranno sempre. io, quella 23 gliela marchierei sopra, come fosse un nuovo tatuaggio.
si sarebbe dovuto chiamare Erasmo, come suo padre. un nome da intellettuale ed importante, da viaggiatore per bisogno e necessità. se andrà via, sarà perchè forse la sua indole prevarrà, perchè vorrà andare a farsi amare da un altro popolo di tifosi in cerca di beniamini.
se Berlino fosse dolce, come quella notte azzurra di nove anni fa', quel Carnaval a lui tanto caro glielo potrei concedere, a malincuore, ma lo farei. o forse no.
lo vorrei però vedere mascherato da Campione d'Europa, da Rey Arturo incoronato, sostenuto dalla sua hinchada storica, e dal popolo juventino.
del resto a Carnevale si può diventare chiunque si voglia, e se proprio deve andare, che lasci in regalo la Orejona mas linda. io però, fino alla fine e comunque vada, sarò tra quelli che intoneranno sempre "non si vende Vidal".


f.a.