giovedì 19 novembre 2015

20 anni da Buffon.

Mi permetto di parlare anche io, in una ricorrenza così particolare, di quello che personalmente è più di un portiere ma è il Portiere.
Difficile parlare di un giocatore universalmente apprezzato ed amato da vent'anni a questa parte. Si è detto tutto, si è detto tanto. Impossibile forse trovare un aggettivo non ancora utilizzato per definirlo, nonostante l'italiano non sia propriamente una lingua povera di sinonimi.
Oggi parto da lontano.
Non sono cresciuto in una famiglia calciofila, solo mio zio è sempre stato juventino purosangue.
Scelsi la Juve verso i 5 anni quando con altri amichetti tirammo a sorte la squadra da tifare tra le 3 più blasonate. Più avanti scoprii che il destino era stato buono con me. Mi avvicinai definitivamente al calcio nel 1994 prima stimando per primo Baggio, del quale pretesi i suoi scarpini Diadora sebbene non praticassi ancora questo sport. Poco più avanti mi innamorai perdutamente di Del Piero, di quegli amori che si portano fin dentro una tomba.
Il "mio" primo portiere fu Peruzzi. Tozzo e felino, cupo e vincente. Garanzia concentrata in centottanta centimetri di esplosività e forza.
Poi un gigante olandese, suo successore, non mi conquistò mai. Papere e freddezza, numeri rossi e trofei agli altri.
In provincia invece cresceva Lui, un mattacchione paratutto.
Mi conquistò in una serata di Coppa quando parò due rigori a quell'antipatico di Chapuisat e per me, portiere solo in spiaggia, furono prodezze scaldacuore.
Quello si veste da Superman, para sempre tutto, sceglie un numero di maglia per poi cambiarla dopo polemiche spicciole su presunte simpatie politiche.
La Nazionale, l'infortunio prima di Mondiali ed Europei, poi il passaggio a Torino. Strapagato, anzi no, sottopagato per quanto ha poi reso. Magnifico da subito.
Sull'Olimpo degli Dei dopo Berlino, un Pallone d'Oro che avrebbe meritato almeno in compartecipazione, andato ad un suo compagno.
Da Berlino a Rimini. Un abisso. L'immortalità del Mondo-Juve conquistata con quella scelta di estrema fedeltà.
La rinascita e la risalita verso i salotti comodi, lunga e difficile.
Lui con la sua faccia grande e sorridente, con le sue dichiarazioni mai banali e sempre carismatiche.
Mai una lite con un avversario, solo corse furibonde per sedare gli animi caldi a metà campo. Ricordo solo uno screzio con Thiago Motta. Mi spaventai al pensiero che potesse togliere fuori la forza bruta tipica dei buoni d'animo. Il cosiddetto gigante buono.
L'accusa di participazione al calcioscommesse, i mugugni sul suo stato fisico dopo qualche salto a vuoto nemmeno degno di cronaca. Poi un'annata dietro l'altra in crescendo, per tornare dov'era rimasto. I supereroi non perdono i poteri con l'età, per loro gli anni non contano. Se uno nasce Superman lo resta per sempre fino a quando non avrà deciso di godersi la pensione. Vent'anni sono tanti ed in vent'anni ne succedono di cose. Ha fissato tantissimi momenti indelebili nella mia mente. Una delle parate alle quali sono più affezionato la fece in Serie B, all'Olimpico di Torino. Avversario il Bologna. Fu una parata doppia. Mi emozionai. Sancì il definitivo ritorno della Juve in Serie A, togliendo una zavorra trascinata per un anno, una vita per quegli eroi innocenti. Leadership e personalità esagerate, traghettatore nei momenti difficili e comprimario nei trionfi. Lucido sempre, in porta e fuori. Anche nella recente dichiarazione riguardante la sua esclusione dai 50 migliori giocatori del 2015. Un'annata incredibile, forse difficilmente ripetibile. Da vent'anni continuano a cercargli un rivale, un'antagonista nel suo ruolo. Pagliuca, Casillas, Dida, ancora Casillas, Julio Cesar. Lui è rimasto sempre lì, ancora oggi.
Eppure nonostante una bacheca infinita, riconoscimenti globali, una residenza obbligata nella storia del calcio, c'è anche per lui qualcosa per il quale credo avrebbe barattato anni di carriera. Quella maledetta/benedetta Coppa con le orecchie giganti. Le sue mani l'avrebbero afferrata bene, sarebbe stato come con il più docile dei tiri. Il Dio del calcio l'ha però privato di quest'altro privilegio. Probabilmente, purtroppo, resterà solo un sogno Suo ed anche un po' nostro. Dispiace solo che ad Honorem non gliela possano dare. Per uno così grande, un'eccezione la si potrebbe anche fare.
Dopo l'ultima volta a Berlino con un sogno così grande infranto, così violentemente ancora caldo, eccolo lì, il primo a presentarsi alle telecamere. L'emozione negli occhi, la forza dell'animo, il coraggio del campione, l'Uomo. L'esempio da seguire per i bambini, non solo in campo ma nel modo di porsi con gli altri all'interno di un rettangolo da gioco, con il sorriso, con le palle, con la passione e con il rispetto. Per amore dello sport.
Questo per me è Il Portiere.
E sono contento che quel giorno, quel Destino mi abbia permesso di diventare beniamino e fan di un tale Supereroe.
Ah, dimenticavo, Auguri per questi vent'anni Capitano.

f.a.

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